Dopo il debutto col botto di novembre con Murubutu e Colombre, torna questo fine setttimana Remikks Potpurri, la rassegna di musica dal vivo del Tunnel di reggio Emilia che celebra la MESCOLANZA. Perché, alla faccia degli aficionados delle separazioni nette tra generi, gusti e provenienze, mescolanza è qualcosa di bello e illuminato, che non a caso fa rima con speranza.
E proprio sulla scia di questa passione dichiarata per i mix, il secondo appuntamento di sabato 23 dicembre vedrà protagonista SARC:O e la sua elettronica raffinata anche fortemente sensoriale. Il produttore, musicista e sound designer reggiano presenterà dal vivo il suo ultimo lavoro, “Finding Knowing Delight”, incentrato, come spiega lo stesso Francesco Sarcone, “sull’abbandono, inteso come momento in cui stacchi i piedi da terra e saluti tutto quello che sai o che credi di sapere”. Un viaggio interstellare anticipato dall’opening dei Bruce Harper, trio che deve il suo nome al personaggio di Holly e Benji, ma a quanto pare è solo un caso. La loro elettronica suona in analogico e ha in sé un’evidente vocazione rock. Stavolta sono loro a finire nel mirino della nostra doppietta.

Ciao, presentatevi ai lettori di Nerto

BH: Siamo una band elettronica di Brescia in attività dal 2016. Abbiamo tutti esperienze precedenti in band math e post-rock. A marzo di quest’anno è uscito il nostro primo disco, “s/t”, che stiamo portando in giro. Proprio pochissimi giorni fa è uscito un nuovo singolo/video, un remix di un nostro pezzo fatto da Indian Wells.

S:O: Ciao, sono Sarc:o e sono un producer in the sky with diamonds.

Brescia (per Bruce Harper) e Reggio Emilia (per Sarc:o), a vederle da fuori, sembrano due realtà molto vivaci musicalmente parlando. Confermate?

BH: C’è stato un periodo, 7/8 anni fa, in cui la vita musicale Bresciana non aveva nulla da invidiare ad altre città, sia per quantità dell’offerta, sia per qualità. Poi tutto è sparito di colpo, a causa anche della crisi economica che ha fatto chiudere molti posti dove veniva proposta musica live. Ora le cose sembra stiano cambiando. Di Brescia e della sua nuova vita ha parlato proprio Rockit qualche giorno fa.

S:O: Certo! E’ sempre stata viva questa città in tutti i campi culturali, non è una provincia come le altre, la creatività e la ricerca fanno parte del dna emiliano.

Tra poco è natale: mi consigliate un bel disco da ascoltare sul divano mentre cerco di digerire il pranzo di mia madre?

BH: Take me apart – Kalela. Se tua madre cucina male: Corbin – Mourn (prodotto da Shlohmo)

S:O: “Shadow Work” dei Mammal Hands, un disco che mi ha davvero fatto volare via… ti coccola e ti porta con sé ma non ti fa mai addormentare, così eviti di svegliarti stronzo.

 

Invece il vostro disco? Dico, in che situazione/frangente mi consigliate di ascoltarlo?
BH: Notte, assolutamente. Le droghe sono illegali e fanno male.

S:O: E’ un disco serale credo, quella sera che NON stai a casa ma decidi di uscire. Ecco, magari in macchina mentre vai a incontrare i tuoi amici: è un buon inizio serata.

Sapete che tutti i vostri colleghi musicisti che stiamo incontrando per le nostre interviste nnnerte ci dicono che da tempo non bevono più caffé? Ma quanto è diventato stressante fare musica in Italia? Ma voi lo bevete il caffè? Se sì qual è il vostro ammazzacaffé preferito?

BH: Noi invece ne beviamo parecchio, soprattutto quando siamo in tour. In italia è molto difficile fare musica che non appartenga al sistema italiano, storicamente abbastanza chiuso e autoreferenziale. Il nostro paese ha sempre sviluppato mode e linguaggi interni, che, apprezzabili o meno, sono del tutto slegati dalle forme musicali che girano all’estero. Il controsenso è questo: se funzioni in Italia non funzioni all’estero, se funzioni all’estero difficilmente avrai un grande successo in Italia. Per noi in effetti è stressante perché guardiamo soprattutto all’estero, ma con “mezzi” italiani. Ah: Amaro Averna.

S:O: Ah si? Io lo bevo tranquillamente… sono molto zen, non soffro lo stress. Spesso lo stress è uno status perenne, quasi dovessimo dimostrare che ci diamo da fare. Per me non è così, io non mi stanco e non dimostro niente. Io faccio le cose. Easy.

Qual è la prima cosa che fate la mattina quando vi svegliate?

BH: Caffè, sigaretta, denti.

S:O: Mangio. Con calma, mi alzo presto e mi preparo una buona colazione.

Ve lo ricordate ancora il vostro primo live? Vi va di raccontarcelo?

BH: Certo che ce lo ricordiamo. Eravamo molto tesi, era la prima volta che qualcuno di esterno sentiva la nostra musica, poi abbiamo sempre puntato e lavorato moltissimo sul live, secondo noi esperienza che fa la differenza in un contesto in cui la musica elettronica non vede certamente nella dimensione live il suo piano ideale. Perciò sì, eravamo preoccupati, ma anche sicuri dell’enorme lavoro fatto. Era un anno fa.

S:O: Cazzo si! Primissimo live della mia carriera, 14 anni scarsi con il mio gruppo punk, bellissimo. Non avevamo idea di quello che stavamo facendo, ma eravamo parecchio convinti e ci credevamo. 10 anni più tardi, con quegli stessi ragazzini, si provava a fare sul serio. Adesso che ci penso sono più gli anni che ho vissuto da musicista che quelli da no.

Quanto vi piaceva il cartone Holly e Benji? (Ma secondo voi, tra la mamma di Holly e Roberto Sedinho c’era solo tenera amicizia oppure…?)

BH: In realtà non ne eravamo particolarmente appassionati. Il nome della band è del tutto casuale. Suonava bene e rimaneva in mente. Hanno scritto di noi decine di interpretazioni diverse cercando di dare un senso al nome rispetto a ciò che facciamo. Detto questo, la mamma di Holly soffriva ancora per l’assenza del marito, quindi probabilmente, pur essendo fortemente attratta da Roberto, viveva tale pulsione con un profondo senso di colpa, un sentimento spontaneo da soffocare in funzione dell’opprimente morale sociale, che faceva propria per difendere il figlio. Semplice istinto materno.

S: Mai visto, io ero uno da Kenshiro.

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Qual è il vostro rapporto con il calcio oggi?

BH: Ecco, non c’è.

S:O: Non pervenuto. Mai seguito, mai interessato.. mi interessa solo 2-3 minuti guardare le partite internazionali. Perché così critico “i nostri” dicendo che sono dei fighetti tutti pettinati, attillati e gli altri sono sporchi e sudati prima di cominciare a giocare.

Si può vivere in Italia facendo musica elettronica?

BH: Obiettivamente no. Almeno, non ora. Si può vivere in Italia facendo musica vococentrica cantata in italiano.

S: Di stenti! No, scherzo.. Sinceramente non lo so, e non mi interessa al momento.

Cosa vedete nel vostro immediato futuro?

BH: Ora abbiamo una serie di live in cui portiamo in giro il nostro disco e in cui stiamo rodando un po’ di materiale nuovo, che rientrerà nel prossimo lavoro; dovrebbe uscire nel prossimo anno.

S: Adesso ho voglia di andare fuori, ho lavorato molto in studio a scrivere brani e vorrei andare in giro a suonarli. Vediamo cosa succede!

Dopo i live l’aftershow con l’ecclettico djset con sonorità tech house degli S.Boyz. Questo è Remikks Potpurri, che poterete scrivere o pronunciare un po’ come vi pare, l’importante è che vi appassioni come appassiona noi e che il 6 gennaio vi da già appuntamento con il fascino non comune di Sequoyah Tiger.