Quando l’inverno bussa alle porte anche gli animi più party addicted sono soliti cercare rifugio nel proprio nido, e a volte capita che ci si stia proprio bene, là dentro, se a riempirlo c’è un bel tappeto sonoro adatto a trastullare la mente.
E a proposito di piacevoli tappeti sonori, abbiamo pensato di fare quattro chiacchere con uno che da qualche tempo ne produce di veramente ottima qualità: Stèv. Ecco che cosa ci ha raccontato.
Signor Nerto – Ciao, chi è/cos’è Stèv?
Stèv – Stèv potrebbe essere considerato dai più inseriti come un progetto di musica elettronica inventato e diretto da me. In realtà sono semplicemente io, che mi firmo con uno pseudonimo semplice, acquisito nel corso degli anni, attraverso la levigazione di altri soprannomi. Stèv è il nome più sincero di Stefano Fagnani, un ragazzo sognatore originario di Ancona, quella città all’estremità centro-orientale dell’Italia, tra il mare e le colline. Sono sempre stato legato alla mia città e alle mie origini, per questo il mio nome d’arte non è nient’altro che un’abbreviazione “stilosa” del mio vero nome (difatti mi sono trascinato dietro l’accento dallo “Stè”, con cui mi hanno sempre chiamato i miei amici, per rimarcare la pronuncia, anche se nonostante questo c’è sempre qualcuno che ancora mi chiama “Stiv”). Sono un producer, ovvero creo musica da solo mediante l’utilizzo di strumentazione elettronica, ma sono anche un polistrumentista. Mi definisco così perchè sono fissato con gli strumenti musicali e mi piace approcciarne molti perchè sono convinto che la musica, prima che segnale elettrico, sia vibrazione reale dell’aria e che, quindi, esista un piano che precede la produzione, nel quale le chitarre, i pianoforti, i clarinetti ecc.. vengono suonati nel vero senso della parola. Parallelamente, sono anche molto incastrato con il sound design, la creazione di suoni mediante le diverse tecniche di sintesi e campionamento, cosa che applico molto ai miei brani, nei quali ogni suono è originale, creato da me. Quindi sì, insomma, sono appassionato come pochi di tutto quello che riguarda la musica e il suono, acustici o elettronici che siano. Ho anche frequentato un corso come tecnico del suono. Magari con la parte tecnica mi fermo qua… Sono una via di mezzo tra una persona seria (ma non seriosa) e una persona strana, sono una persona emotiva ma estroversa fino al punto giusto, a seconda del contesto. Ho sempre detto che per me è importante camminare con la testa tra le nuvole, ma mantenendo i piedi sempre per terra. Nonostante questo, il mio collo non è lungo 8 chilometri.
SN – Qual è la prima canzone che hai imparato a suonare con la chitarra?
S – Questa potrebbe essere una domanda difficile, visto che ho iniziato a suonare la chitarra da solo, verso i 13 anni. All’inizio non m’interessava suonare i brani degli altri, poi quando presi lezioni, qualche anno dopo, l’insegnante (col senno di poi, dico ora: giustamente) mi obbligava a suonare un sacco di brani, per esercitarmi. I primi erano dei pezzi jazz molto vecchi, non ricordo i titoli. Però ricordo che, una volta terminato lo studio di quelli, mi piaceva continuare a suonare i pezzi con cui ero in fissa in quel momento. Credo che il primo fu “Drive” degli Incubus.
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SN – Che diavolerie hai nel tuo studio?
S – Un sacco di diavolerie. Non so se è una conseguenza ovvia del mio essere innamorato della musica a 720°, ma oltre agli strumenti musicali, adoro anche la strumentazione elettronica, analogica o digitale che sia. Non vorrei partire a fare un elenco di tutto quello che ho in studio, ma credo che sia anche un po’ inevitabile e quindi ecco qua: chitarre elettriche ed acustiche (ho un’elettrica della Eko, modello Cobra, degli anni ’70, che apparteneva a mio padre; un acustica elettrificata stile Ovation, che è la prima chitarra che mi comprai con i miei soldi; una chitarra silent della Yamaha; un basso scrausissimo che suona bene una volta che viene registrato e processato come si deve); un pianoforte digitale; un synth microKORG, che ho spolpato fino all’osso; un po’ di tastiere e controller MIDI; un MPC 1000; un KP3; un registratore portatile Zoom H2 ed un paio di microfoni per i take di strumenti acustici; il clarinetto di mio nonno ed il mio clarinetto; un digeridoo; un violoncello, che ancora non ritengo di essere in grado di suonare decentemente, etc… ho anche un po’ di strumenti giocattolo che mi piace utilizzare per creare suoni assurdi.
SN – C’è un tuo pezzo a cui sei affezionato in maniera particolare? Perchè?
S – In realtà sono affezionato a tutti i miei pezzi, per quanto magari in quelli più vecchi io senta un sacco di errori sotto il profilo tecnico, sono sempre creazioni che ho fatto in un determinato periodo della mia vita e riascoltarli mi riporta sempre emozioni e sensazioni ben definite nella mente. Forse il brano che prediligo di più (escludendo quelli del nuovo album, che ancora non ha sentito nessuno, al di fuori di amici molto stretti) è “Winter Train”, perchè mi soddisfa talmente tanto sotto tutti i punti di vista, che a volte stento a credere di averlo fatto io, e perchè è stato il mio primo brano a riscuotere così tanto successo (57esimo nella top download di XLR8R del 2013, dopo due settimane di presenza; selezionato dal The Guardian come uno dei 9 pezzi da ascoltare provenienti da tutto il mondo).. insomma, oltre ad essere un brano carico di un forte valore emotivo, è anche una delle opere che ascolto con più soddisfazione!
SN – E’ vero che sei stato in Giappone di recente? Cosa sei stato a fare?
S – E’ tutto vero! Ci tengo a fare una premessa: tra le varie cose, io sono un sano amante del Giappone (sono anche “studente” in proprio di lingua giapponese, ormai da quasi due anni). Sono stato in Giappone due volte al momento, ma conto di trasferirmici per un periodo maggiore entro un anno o poco più se tutto va bene. La prima volta che sono stato là, due anni e mezzo fa, ero in veste di turista: un mese a Tokyo e dintorni, di cui una settimana spesa in altre città più distanti tipo Kyoto, Nara, senza farci mancare nulla. Una vacanza vera e propria, insomma. Invece quest’anno è stato diverso: ho vissuto un mese là, mi sono affittato una camera con un amico ed abbiamo provato a fare i “cittadini”, più o meno (ovviamente non potevamo lavorare e quindi c’era sempre una grossa componente di svago nelle nostre giornate). Un mese di vita normale, con spese ben calibrate. Mi sono fatto un sacco di amici là, infatti non vedo l’ora di tornarci. Sono riuscito anche a fare un paio di concerti, gratuiti a causa del visto, ma non m’importava. Uno dei quali grazie ad un amico molto importante per me che è Emiliano, in arte Earthquake Island, producer italiano che risiede a Tokyo ormai da quasi 10 anni! Diciamo che sono andato a fare un giro di ricognizione, in previsione di un’esperienza di vita a Tokyo.
SN – Cosa mangi di solito a colazione?
M – Oscillo tra biscotti e cereali, se faccio colazione. Non mangio mai molto la mattina. La cosa fondamentale è che ci sia il latte freddo, altrimenti preferisco non mettere niente sotto i denti fino all’ora di pranzo.
SN – C’è un posto in cui sogni di suonare?
S – Ce ne sono un’infinità. Il mio sogno più grande è sempre stato quello di suonare ad un festival americano che si chiama “Lightning In A Bottle”. Quello è il primo di cui ho sentito parlare in assoluto e ci sono affezionato perchè ricordo benissimo la bella sensazione che ho provato quando ho capito cosa fosse, ma ne esistono un sacco, tutti molto simili tra loro: l’atmosfera è molto new age, la musica elettronica fa da cornice al ritorno ad una spensieratezza e condivisione tipica delle società tribali. La gente si diverte, ci sono corsi di meditazione e le location sono sempre immerse nella natura, sulle rive dei fiumi, in mezzo alle foreste e così via… sì, è una fricchettonata ma con un upgrade culturale, secondo me. Una fricchettonata 2.0! Mi piacerebbe, prima o poi, fare un mini tour di un paio di settimane in America, semplicemente per suonare in questi festival e percepire tutta l’energia positiva di cui sono pervasi!
SN – Dacci tre pezzi – musicali o cinematografici – che ti piacciono molto, sempre e comunque.
S – Emancipator – “First Snow”;
Koda – “Limnos”;
DJ Krush – “Kemuri (Untouchable mix)”.
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Bene. Ora se anche voi, come noi, siete pervasi da un’insana voglia di conoscere Stèv, non vi resta che immergervi nella sua musica e non perdervi neanche un suo live set, iniziando da quello di stasera.