Il 12 dicembre 1969 è una data fondamentale per la democrazia italiana. Quel giorno, alle 16.37, una bomba composta da tritolo e gelignite esplose nel salone centrale della Banca Nazionale dell’Agricoltura in Piazza Fontana a Milano, poche centinaia di metri da piazza del duomo. Muoiono 14 persone, ma in poco tempo il numero delle vittime sale a 16. Soltanto pochi minuti prima un altro ordigno dello stesso tipo venne rinvenuto inesploso da un dipendente nei locali della Banca Commerciale, situata di fronte alla sede del Comune e al Teatro “la scala”. Anche la Capitale viene scossa da boati di esplosivi. Due bombe esplodono all’altare della patria, mentre una terza devasta la sede della banca del lavoro. Ciò che è chiaro fin dai primissimi momenti dopo gli attentati è che la giovane Democrazia italiana nata della Resistenza si trova sotto attacco da parte di forze reazionarie che intendono riversare le responsabilità degli attentati su un gruppo di anarchici in modo da creare le condizioni per una svolta autoritaria. La sera del 15 dicembre, a reti unificate, il giornalista Bruno Vespa dichiara a tutto il Paese: “Pietro Valpreda è uno dei colpevoli della strage di Milano e degli attentati di Roma”. Solo la dignità del popolo milanese, supportato da tutti gli italiani, e la loro fermezza nel condannare la vile carneficina impedirà una svolta autoritaria che avrebbe gettato il nostro paese in una dittatura militare.
In quegli anni Pier Paolo Pasolini è uno degli intellettuali più seguiti e ascoltati dall’opinione pubblica italiana e mondiale. I suoi libri, i film, le poesie e gli articoli di giornale, per il coraggio con cui affrontano temi di attualità politica dell’epoca, attirano l’odio e il disprezzo dei settori più reazionari dello stato: apparati dei servizi di sicurezza deviati , esponenti politici postfascisti, fino a veri e propri gruppi terroristici.
Dopo piazza Fontana l’intellettuale corsaro, che già teorizzava un “mutamento antropologico degli italiani” dovuto allo svilupparsi della società consumistica, inizierà una riflessione sul nuovo potere falsamente tollerante ma in realtà tremendamente violento e repressivo che è la causa delle stragi che in quel periodo stanno insanguinando l’Italia. Pasolini arriverà a dichiarare dalle colonne del giornale più letto del paese, Il Corriere della Sera: “Io so. Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.”
Pier Paolo Pasolini venne barbaramente ucciso da almeno sette persone la notte del 2 novembre 1975 all’idroscalo di Ostia.
Nel libro “Pasolini – un omicidio politico” gli autori, Avv. Andrea Speranzoni e Paolo Bolognesi, Presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime della strage di Bologna, ricostruiscono, sulla base di atti processuali provenienti da vari processi e inchieste, le dinamiche di quanto avvenne la notte del 2 novembre 1975. Nolo solo, la figura di Pier Paolo Pasolini viene restituita al lettore nella sua complessità poetica e nell suo pensiero politico. Ma soprattutto il volume dimostra come un numero ingente di periti, giornalisti e politici legati al mondo dell’estrema destra abbiano propagandato false ricostruzioni della personalità del grande poeta corsaro e della scena del delitto di Ostia, contribuendo a falsare la memoria e la poetica di uno deli intellettuali italiani più importanti di tutto il secondo Novecento.
In occasione del cinquantesimo anniversario della strage di piazza fontana vi aspettiamo domenica 8 dicembre alle ore 17.30 al circolo Arci Artigiana per la presentazione del libro “Pasolini – un omicidio politico”.
Sarà presente l’autore, Andrea Speranzoni.